Intervista a Elena Antognazza - Responsabile Marketing di PayPal

Elena Antognazza è Responsabile Marketing di PayPal ed è owner e moderatrice di Mlist, ampia e conosciuta mailing list di Internet Marketing.
Elena ha una grande esperienza nel settore dell’online marketing.
Dopo la laurea in Economia all’Università Bocconi, ha infatti lavorato in centri media come Initiative Media e CIA Medianetwork e ha fatto parte dello staff di ricercatori di NASA Web Site, un importante censimento delle aziende online di ACNielsen.
Ha poi lavorato per UUNET Technologies ad Amsterdam, come EMEA Customer Communication Manager.
Prima di approdare in PayPal, ha avuto anche un’esperienza imprenditoriale con Mojo Srl, agenzia di comunicazione online.

Elena Antognazza

Elena Antognazza

Che cosa significa essere Responsabile Marketing in PayPal?

Significa far conoscere PayPal a chi compra online e a chi ci sta pensando.
Ci occupiamo della comunicazione del servizio attraverso i canali utilizzati per comprare online, di brand awareness attraverso PR ed eventi, della comunicazione online per approfondire gli aspetti specifici del servizio. Lavoriamo molto con il gruppo Sales per raccontare ai venditori quali sono i vantaggi di inserire PayPal sul loro sito. Usando termini più concisi ci occupiamo di B2B, B2C e C2C.

Oltre all’impegno professionale in PayPal, gestisci Mlist. Cosa comporta la sua gestione?

Qualche notte insonne e un weekend al mese :-)
Scherzi a parte, gestire Mlist significa leggere quasi ogni giorno una decina o più di messaggi, decidere quali possono essere inviati e inviarli attraverso un sistema di gestione e invio proprietario sviluppato appositamente. C’è anche una parte di relazione con gli iscritti che mi scrivono e con i quali intrattengo interessanti conversazioni online (e qualche volta, magari in occasione di eventi, ho anche il piacere di incontrare).

Quanta importanza riveste l’aggiornamento nella tua posizione professionale?

L’aggiornamento è vitale.
Nel mio caso avviene principalmente attraverso i post su Mlist, che sono un aggiornatissimo spaccato di quello che succede online commentato dagli operatori del settore. Leggo anche newsletter cui sono abbonata e siti e blog quali Ted, The Wise Marketer e TechCrunch.
Ultimo ma non meno importante la carta stampata: riviste come Revolution, anche se nate sul mercato inglese, offrono degli spunti molto interessanti di approfondimento.
Purtroppo non sempre il tempo e’ sufficiente per fare tutto!

Il tuo ruolo in PayPal ma anche le tue esperienze passate hanno connotazioni fortemente internazionali. Quali sono le differenze che riscontri tra l’Italia e gli altri Paesi in cui hai lavorato?

Ci sono molte differenze!
All’estero c’è meno la cultura dell’essere in ufficio per produrre. Il concetto di presenza è più flessibile, basato sulla fiducia nei dipendenti, lascia più tempo per sè e anche per gestire riunioni con persone in fusi orari diversi.
Un’altra differenza riguarda l’orientamento a risultati e obiettivi: nelle aziende soprattutto anglosassoni si lavora su obiettivi trimestrali o semestrali ben definiti e misurabili, che permettono di essere focalizzati e non disperdere energie e budget su attività secondarie.
Ultimo ma non meno importante è il concetto di feedback, molto forte a livello internazionale. Parlo sia di feedback ai membri del team da parte del manager, ma anche da parte del team che valuta e suggerisce miglioramenti al management a ogni livello. Trovo che questo sia molto civile e contribuisca al successo di molte delle aziende internazionali.

Per un manager al tuo livello quanto conta saper gestire in modo efficiente il tempo? Quali ’strategie’ utilizzi per organizzarti al meglio?

Conta moltissimo! Circa il 25% è occupato da viaggi, spesso intercontinentali. Quello che resta si divide fra coordinamento del team, riunioni con il management team italiano e call con i colleghi internazionali, previsioni, budget e analisi. E’ fondamentale ottimizzare ogni minuto della giornata.
L’uso di Outlook per fissare meeting e conference call può aiutare molto a gestire il tempo. Un solo colpo d’occhio a fine giornata permette di vedere gli impegni del giorno dopo e di organizzarsi di conseguenza.
Penso inoltre sia utile spegnere il Blackberry dopo una certa ora alla sera e controllare le mail solo arrivati in ufficio, in modo da non farsi prendere dall’ansia del “check mail”, e quando si viaggia sia utile concedersi tempo per pensare e trovare idee interessanti.

Quali sono i tuoi punti di forza? e i margini di miglioramento?

So mantenere la calma nelle situazioni più complesse.
Conosco bene l’inglese, cosa che mi aiuta ogni giorno a relazionarmi in modo rilassato e efficace con tutti.
Credo di saper creare un buon rapporto con le persone (almeno con la maggior parte :-) ).
Sicuramente ho margini di miglioramento nell’attitudine al problem solving: data la mole di lavoro e i tempi stretti ho la tendenza a dare io soluzioni mentre un po’ di pazienza e di impegno lasciato agli altri per trovare le soluzioni farebbe bene a tutti, me in primis.

Quali sono stati gli imprevisti principali durante il tuo percorso professionale?

I due che ricordo come più importanti sono stati il cambiamento di rotta di una persona che mi aveva proposto di finanziare il lancio di un mio business e il fallimento di una società che aveva incubato la mia azienda.
In entrambi i casi si è trattato di impatti importanti sia sulla mia vita privata che su quella lavorativa. Ho comunque imparato ad essere creativa e a rimboccarmi le maniche per trovare altre vie per fare quello che mi piace. In entrambi i casi questi imprevisti hanno portato risultati positivi insperati e di gran lunga migliori di quelli attesi.

Quali sono i tuoi obiettivi come persona e come professionista?

In entrambi i casi, essere una persona genuina e poter esprimere il mio carattere e la mia personalità.

La tecnologia è sempre più presente nella nostra vita. Quali sono i tools, le applicazioni online, i device che usi maggiormente?

La lista è molto lunga, quindi non sarà esaustiva: uso Blackberry e laptop (con scheda di collegamento internet per i posti dove non c’è wifi).
Outlook resta un ottimo strumento di organizzazione dell’agenda e del lavoro.
In ufficio usiamo un tool di project management proprietario condiviso per tenere traccia di progetti complessi gestiti da molte persone in giro per il mondo.
Uso i socialnetwork come Linkedin, Facebook e Friendfeed.
Ultimamente ho scoperto Dropbox, un’applicazione utilissima che consente di vedere file e cartelle da ogni pc.

Quali passioni riesci a coltivare nel tuo tempo libero?

La cucina e la lettura sono i miei passatempi preferiti, oltre ai viaggi (che però già faccio per lavoro, quindi spesso ho poca voglia di rimettermi in aereo per vacanza e preferisco mete raggiungibili facilmente in treno). Amo passare il tempo libero con i miei nipotini, ai quali racconto storie di personaggi fantastici e riusciamo sempre a riderne insieme.

Che consiglio daresti alle Girl Geek che vogliano seguire una carriera come la tua?

Avere molta pazienza e perseveranza per non farsi disilludere dai voltafaccia del destino, tanta passione per quello che si fa, una grandissima dose di umiltà per poter sempre imparare. Cercare di avere attenzione verso le persone oltre che ai risultati, perchè i secondi spesso arrivano se le prime sono soddisfatte e lavorano serene.

Ringraziamo Elena per la sua disponibilità!

 

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Bit artistici: visitare un museo virtuale online

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di Tiziana Martino, blogger per passione si occupa di contenuti all’interno di un’azienda di informatica per beni culturali.

Partiamo da un semplice assunto: l’arte ha la capacità di creare dipendenza in alcuni e profondo ribrezzo in altri, chi si immerge completamente anima e corpo e chi l’allontana senza mezzi termini.

Alzi la mano chi non ricorda la gita scolastica agli Uffizi come una noiosa giornata interminabile o chi ha visitato una mostra di arte contemporanea senza pensare “questo sono capace di farlo anche io!”.

Da alcuni anni però la storia sta cambiando. La diffusione sempre più capillare del web ha permesso a molti di accedere ad un sapere fino a poco tempo fa per pochi.

Il web 2.0 - poi - ha fatto il miracolo. Non solo ha portato a casa nostra immagini che mai ci saremmo sognati di vedere ma ci ha permesso di ascoltare un’opera d’arte, di entrare nella tela fino a sentirne l’odore, quasi a toccarla con mano.

Si chiama virtual museum e non è altro che un modo di avvicinare arte e pubblico attraverso la rete.

Vi chiedete come è possibile?

Facile. Molti musei si sono dotati non solo di sito internet (ormai banale) ma hanno accettato volentieri il supporto di altri strumenti tecnologici in grado di raggiungere quella fetta di pubblico altrimenti estranea.

Facciamo un esempio.

Solitamente gli adolescenti sono i più difficili da conquistare, presi dai loro cellulari sempre più tecnologici non si interesserebbero mai ad una visita archeologica.

Lo staff che cura il progetto di Musei in Comune Roma ha pensato di sfruttare a proprio vantaggio la situazione prendendoli  - per così dire - per la gola.

All’interno del museo dei Fori Imperiali, infatti, i ragazzi possono partecipare ad una vera e propria caccia al tesoro archeologica: lungo il percorso di visita visualizzano degli indizi direttamente sui loro cellulari attraverso speciali codici a barre di tecnologia Rfid e chi arriva primo vince!

Altro esempio di tecnologia a servizio dell’arte?

Provate a visitare il sito web del Moma o del Prado.

Potete scaricare gratuitamente tutte le tracce mp3 delle audioguide del museo e caricarle sui vostri iPod. Sarà sicuramente un vantaggio per chi si prepara alla visita, ma anche per chi c’è già stato e vuole fissare alcuni punti.

In più il Moma propone un ventaglio di file audio personalizzati: per bambini, ragazzi, adulti o specialisti.

Rendere la visita interattiva aiuta a costruire un sentimento di appartenenza nel visitatore, ascoltare la loro voce tramite blog e community riduce la distanza che certa arte ha creato fino ad oggi.

Lo sanno bene molti musei americani che possiedono un contatto diretto con il pubblico attraverso blog, forum o social network.

Sono nella maggior parte dei casi realtà meno conosciute, musei scientifici o etno-antropologici che hanno fatto di necessità virtù non godendo certamente della popolarità e dei visitatori del Louvre.

In altri casi si tratta di creare delle vere e proprie reti museali come mostrano alcuni progetti recenti:

  • mappa emozionale dei luoghi della memoria antifascista, mappa partecipativa dei luoghi della memoria antifascista in Europa basate sul geoblog
  • wikiproject museums, raccoglitore intelligente per gestire e categorizzare immagini donate dai musei di tutto il mondo
  • wikimedia commons, archivio di immagini, suoni e altri file media con licenza libera
  • flickr - the commons, progetto nato per mostrare al pubblico i tesori nascosti negli archivi fotografici di tutto il mondo.

Inutile dire che gli utenti possono aggiungere commenti e tag e riutilizzare liberamente le immagini tutte rigorosamente con licenza creative common.

Ora tiriamo le somme.

Questa collaborazione arte-internet ha futuro?

Secondo me è la sfida da vincere. Vedo vantaggi per entrambi: l’arte potrà parlare ad un pubblico infinito mentre la tecnologia perderebbe un po’ del suo freddo e distaccato modo di fare.

Quando potremo dire di aver raggiunto lo scopo?

Ovviamente mai perchè la tecnologia andrà sempre avanti, ma un obiettivo a medio termine potrebbe essere di creare una comunità di utenti che lavorano alla crescita di una cultura museale comune basata sul dialogo e sulla condivisione.

Ma non si faceva così già nei cenacoli rinascimentali?

Corsi e ricorsi storici…

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L’arte di comunicare con le presentazioni

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Alessandra Cimatti, consulente, formatrice e blogger, studia e insegna i metodi all’avanguardia per preparare presentazioni.

Almeno il 90% delle presentazioni non comunicano in modo efficace. Forse per questo è nato il detto “Morte da Powerpoint“.

Dopo anni di esperienza internazionale in aziende del settore IT, di presentazioni ne ho viste e fatte tante: riunioni interne, riunioni tramite webconference, riunioni con partner commerciali, formazione di marketing e tecnica, conferenze del settore e conferenze stampa sono solo alcuni esempi nei quali era necessario preparare una presentazione.

Agli inizi c’erano i lucidi fatti a mano o con il plotter. Chi aveva delle foto da far vedere utilizzava le diapositive da 35mm. Questi sono stati gli strumenti fino a metà degli anni 90.  Poi il software si è evoluto e sono arrivati anche i proiettori portatili. Oggi fare una presentazione è diventato sinonimo di preparazione di slide con PowerPoint. Purtroppo lo strumento di per sé non è sufficiente a garantire efficacia comunicativa.

L’esperienza e la passione mi hanno consentito di sviluppare un occhio critico per le presentazioni. Vedo subito gli errori macroscopici, quelli per i quali basterebbe poco per migliorare le slide: gli errori di ortografia, di allineamento, di grandezza di font, di grafici o testi illeggibili.

Nell’arte delle presentazioni ci sono tre elementi: estetica, contenuti ed efficacia. Per una mano a strutturare i contenuti ci si può affidare al metodo di Cliff Atkinson, “Beyond Bullet Points“.  Per idee su come migliorare l’estetica, Garr Reynolds porta un approccio Zen che sta riscuotendo molto successo. Per l’efficacia, non dimentichiamo anche di tener presente le teorie sull’apprendimento multimediale, studiate da Richard E. Mayer, e il funzionamento del cervello, spiegato bene da John Medina.

Chi sono gli artisti delle presentazioni?

Ecco una selezione di quelli che giudico tra i migliori. I peggiori li lasciamo riposare in pace. Di italiani purtroppo non ne ho ancora trovati.

  1. Steve Jobs: è sempre un piacere vedere e rivedere Steve in azione. Ogni volta si colgono degli spunti nuovi. Il suo discorso a Mac World 2008 è un capolavoro.
  2. Dick Hardt: ha uno stile tutto suo, con una perfetta sincronizzazione tra slide e discorso.
  3. Garr Reynolds: Lo Zen delle presentazioni.
  4. Meet Henry: questa è la presentazione che ha vinto il primo premio allo SlideShare contest 2008. Un ottimo esempio di come costruire una presentazione auto-portante per la pubblicazione su Internet.
  5. TED: significa Technology Entertainment Design ed è una conferenza esclusiva che si tiene ogni anno in California. Dopo l’evento rende disponibili gli interventi videoregistrati su Internet. Tanti presentatori sono eccezionali, sia con che senza slide. Sul sito i contenuti e gli argomenti sono vastissimi, per vedere una selezione di 5 lasciatevi guidare da questo slide show su SlideShare.

Quali sono i consigli più facili e immediati da applicare per migliorare una presentazione?

  1. Analizzare l’audience e costruire la presentazione per loro, non per se stessi. Molto spesso succede che chi prepara una presentazione vuole far vedere che sa tutto sull’argomento, che è ben preparato. Ma troppe informazioni non comunicano niente. Bisogna selezionare con cura pochi concetti da trasmettere e focalizzarsi su quelli.
  2. Dare una struttura logica alla presentazione e scrivere titoli chiari sulle slide. I titoli non devono essere generici ma devono trasmettere il messaggio chiave della slide. Se volete un’idea su come costruire titoli efficaci, guardate ai titoli dei giornali.
  3. Cercare di evitare gli elenchi puntati,  utilizzando un messaggio solo per slide, meglio se espresso con una foto o un grafico.
  4. Non leggere le slide. Ricordarsi che il pubblico legge più velocemente dell’oratore.
  5. Keep it simple: Utilizzare un template pulito, 1-2 font ben leggibili, ed evitare animazioni e transizioni inutili.

Cosa seguire su internet per saperne di più?

  1. Twitter tags: #ppt, #keynote, #powerpoint
  2. Il blog di Garr Reynolds: www.presentationzen.com
  3. Il blog di Jan Schultink: stickyslides.blogspot.com
  4. Alltop per la categoria “speaking”: speaking.alltop.com
  5. Il blog di Alessandra Cimatti: www.lesswire.it

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Esprimere il nostro mondo con la fotografia

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Leonora Giovanazzi è Digital Communication Consultant in Y2K Communication, dove si occupa di progettazione di esperienze utente e ambienti interattivi per il web. Nel tempo libero (e non) si ritiene fotografa “per necessità comunicativa”.

Ciao a tutte! Sono Leonora e oggi vorrei parlarvi di fotografia.

Vi avviso che l’essere fotoblogger non mi rende un’esperta su cui fare totale affidamento, ma visto che mi è stato chiesto provo a dire la mia ;)

Anzitutto l’assunto: ogni geek girl che si rispetti dovrebbe avere sempre in borsetta una macchina fotografica. Se non ce l’ha dovrebbe almeno sentirne il bisogno.

Sicuramente le “compattine” svolgono bene il loro lavoro, ovvero catturare tutto ciò che vi colpisce durante le vostre giornate stracolme di impegni. Ma alzi la mano chi non ha cominciato a sentire l’esigenza di andare oltre. L’esigenza di ottenere colori più colorati, profondità più profonde, ombre più tenebrose e luci più luminose. Bene, quasi tutte. Significa che siete pronte per fare il grande passo: comprarvi una Reflex digitale. Ma di come sceglierne una magari parliamo un’altra volta :P

Quello di cui vorrei parlavi oggi è di come si possa usare il linguaggio della fotografia per comunicare.

Ah! Un altro assunto: tutto quello che vi sto per dire è frutto della mia personale esperienza e riguarda il modo con cui io vedo la fotografia. In effetti, spero che da questo post possano emergere altri punti di vista, altrettanto interessanti.

Allora, cos’è per me la fotografia: bloccare per sempre un pensiero, un’emozione, un’azione e renderla così condivisibile con chi non c’era. Oppure: fare esperienza di qualcosa e, se interessante, decidere di comunicarla a qualcuno. Oppure: fare memoria.

E come si fa a comunicare tramite una fotografia? Perché è vero che una foto dice più di mille parole, ma non tutte le foto sanno parlare. Mi permetto di elencarvi alcuni punti a cui cerco di fare attenzione io. Alcune cose le ho imparate negli ultimi mesi provando e riprovando, altre mi sono state dette da piccoli grandi maestri incontrati qua e là, altre forse sono intuizioni senza fondamento e quindi vi sfido a metterle in pratica così capiamo insieme se hanno senso o meno ;)

Non abbiate paura.
Di andare addosso alle cose e alla gente: tanto siete donne, basta un sorriso e ogni animo sarà quietato. Magari attaccate bottone con cortesia prima o dopo lo scatto. Vi assicuro che possono nascere una marea di bellissimi incontri inaspettati!

Siate protagoniste.
La conseguenza di avvicinarsi al soggetto è che il punto di vista dello scatto sarà in mezzo alla scena. Chi guarderà la foto si sentirà protagonista. Vi assicuro che ne vale la pena.

Cogli l’attimo: il tuo punto di vista.
L’inquadratura c’è, la luce c’è, la gente giusta c’è, posso scattare? Bè, sì, comincia a scattare così ti fai un’idea di come viene. Ma manca ancora qualcosa: il momento giusto. L’azione, ciò che darà senso alla tua fotografia. Quello che vuoi dire su quella situazione. E su questo hai tu il controllo. Sei tu la fotografa e la realtà che hai davanti non è indifferente ai tuoi occhi. Quando condividerai questo scatto con qualcuno, davanti a loro non ci sarà solo la realtà, ma anche il tuo sguardo su di essa.

L’attimo sfugge.
Non siate pigre! Se qualcosa vi colpisce fate un bel respiro, raccattate borsetta e amica e andate a scattare (l’amica potete anche abbandonarla, tanto alla decima volta imparerà a recuperarvi). Se avete notato qualcosa, molto probabilmente è perché si tratta di qualcosa di interessante, magari non per tutti, ma per voi, in quel momento, sì. E allora che senso ha perderselo per sempre? Nessuno. Muovete le chiappe. E in fretta perché l’attimo sfugge.

Vaglia tutto e trattieni ciò che vale.
Quando sei per strada, non preoccuparti di scattare decine di foto e non ti sognare di cancellarle al volo su quel micro-display, perché solo a casa, davanti a un bel monitor grande, potrai giudicarle. Giudicare, appunto, è l’altra importantissima cosa da fare. Ciò che vuoi dire con una foto emerge anche dal fatto stesso che hai condiviso proprio quella e non un’altra. Mi raccomando, scegli attentamente e non aver paura di scartare (i tuoi friends su flickr te ne saranno grati…).

Sposta qualche levetta.
Su Photoshop o “chi per esso”, una volta tornate a casa con il vostro bottino fotografico non vi resta che sistemare i bianchi, i neri, il contrasto, i colori e qualche altro valore. Ogni foto è da sistemare un po’: si tratta di valorizzare il vostro lavoro. In genere, sposto solo levette, non mi capita mai di levare rughe e occhiaie invadendo l’attività del fotoritocco…ma vabbè, liberi tutti ;) Per saperne di più (e se, come me, usate Lightroom per il photo editing) potete andare a vedervi questo blog: Lightroom Killer Tips (ma ce ne sono mille altri!). Oppure cercate su Google.

Ecco, tutto qua. Io mi muovo così, anche in modo molto istintivo. A volte riesco a ottenere foto molto comunicative, altre volte no. E’ questione di allenamento e di sguardo sulle cose, credo.

Che ne pensate?

lyo

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The Big Bang Theory: geek o nerd?

Da pochi giorni è finita la seconda stagione di The Big Bang Theory, una sit-com della CBS in onda dal 2007.

La storia (in breve, non voglio rivelare nessun spoiler!): due ragazzi prodigio, Sheldon e Leonard, fisici che lavorano al California Institute of Technology, vivono sullo stesso pianerottolo della bionda aspirante attrice Penny. Sheldon e Leonard hanno due amici/colleghi, Howard e Rajesh, con i quali passano tutto il loro tempo libero.

Avendo divorato la prima serie in un fine settimana, non riuscendo a smettere di guardare una puntata dopo l’altra, e aspettando il martedì sera per vedere l’ultimo episodio trasmesso, delle domande sono sorte spontanee.

Geek o nerd?

Pur avendo la maggior parte dei miei stessi riferimenti culturali, come Star Wars, Star Trek e Internet, Sheldon, Leonard, Howard e Rajesh sono dei geek molto diversi da quelli che conosco e nei quali mi riconosco in parte.

Prima di tutto loro sono “science geek”, ovvero si discostano in parte dallo stereotipo tipico del geek tutto tecnologia e computer, che fa il sistemista o il web master.

In realtà loro quattro impersonano il geek della definizione di wikipedia:

a peculiar or otherwise odd person, especially one who is perceived to be overly obsessed with one or more things including those of intellectuality, electronics, etc

Impersonano anche dei geek di intelligenza superiore, per i quali le passioni primarie non si limitano a due chip e un processore, ma vengono ampliate alle diverse arti, dai fumetti al cinema, alla televisione, alla scoperta continua di cucine diverse da quella statunitense, per non parlare anche di una minima predisposizione nei confronti dell’avventura e dell’aria aperta.

Sono saltuariamente davanti a un computer e quasi mai da soli.

A parte Sheldon, completamente ignaro delle più basiche convenzioni sociali e incapace, almeno nella prima serie, di comprendere e riprodurre il sarcasmo, e a parte Howard, fermo a un guardaroba anni ‘70 e quasi incapace di avere dei rapporti sereni con il sesso opposto, Leonard e Rajesh (per lo meno dopo un sorso di birra) potrebbero essere quasi considerati cool. Ok, lo ammetto, ho un debole per Leonard! E anche un po’ per Sheldon ;) !

Non sono nerd, questo è certo, anche se spesso si prendono in giro da soli a riguardo. Sono animali sociali, con delle passioni e degli interessi molto variegati. Sono “strani”, soprattutto Sheldon, ma sono persone con le quali chiunque di noi passerebbe una piacevole serata ;) .

E le Girl Geek?

Passando dal concetto di geek generico a quello di girl geek, si ricade nello stereotipo. L’unica girl geek che riusciamo a conoscere in tutte e due le serie è Leslie Winkle, fisica sperimentale come Leonard, libertina, cinica, poco socievole e decisamente poco interessata al suo aspetto. Una nerd circondata da geek ;) .

Si potrebbe allargare il discorso a come la figura femminile viene dipinta in tutto il telefilm, dove la protagonista femminile è una biondina poco colta, che fa la cameriera aspettando il provino che la lancerà nel firmamento delle star di Hollywood e che è accettata dai quattro geek protagonisti principalmente per il suo aspetto fisico (e perchè sono consapevoli che quando mai gli capiterà che una come Penny li degni anche solo di uno sguardo???).

Quasi quasi scrivo alle Girl Geek della Bay Area e consiglio di invitare i produttori al prossimo evento ;)

Nota personale: mio marito, biologo, ride a molte più battute di me! Ci sono riferimenti alla fisica e alle scienze in genere che proprio mi sfuggono!

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